Prima che arrivi Natale

Testo di Giorgio Moratti, Fotografie di Davide Volpi

Il Laboratorio Triciclo della Coperativa Ruah di Bergamo ha compiuto 20 anni di attività. In una serie di reportage cercheremo di trasmettere quello che è il senso del loro lavoro.
Quello che leggerai qui è il racconto di una giornata di lavoro trascorsa a pochi giorni da Natale. 

Era il primo giorno d’inverno. Stava per terminare l’anno 2017 e il sole della mattina splendeva timido come se stesse per finire un giorno di primavera. Dall’immenso edificio, sede un tempo di ritiri spirituali, si domina il ponte di Sedrina che sovrasta il fiume Brembo. In cima alla collina di Botta che guarda verso Bergamo, la foschia e il fumo del camino acceso che esce dal tetto appena sotto la nostra visuale, permettono di immaginare più che di vedere. Alle nostre spalle le finestre dell’edificio con le tapparelle alzate riflettono il sole e ad accoglierci a mo’ di tappeto rosso un viale fatto di pietre. Il sole della mattina scalda i vestiti stesi sulle siepi provate dall’autunno appena trascorso, accompagnano all’ingresso. Sono passate le 9 da pochi minuti e con il timore di essere scambiati per giornalisti, entriamo timidamente nella struttura d’accoglienza dei richiedenti asilo di Botta di Sedrina, in provincia di Bergamo.

Ad aspettarci ci sono Ramon, Yahya e Oltian, fanno parte di una delle squadre di Triciclo che si occupa, fra le altre cose, della manutenzione dei centri di accoglienza della provincia. Pochi minuti dopo arriva anche Yari. Sul muro del corridoio, un albero di Natale formato dai pensieri degli ospiti della struttura ci ricorda che fra pochi giorni sarà Natale. Ramon comincia a staccare con cura, pezzo per pezzo, la parte inferiore dell’albero formato da cartoncini colorati, per riappiccicarli, mantenendone la disposizione, sulla vetrata del corridoio. La missione della giornata è sovrastare con un colore verde tenue ma intenso, il primo metro di muro dell’immenso corridoio e delle aule comuni.

Alcuni esponenti della nuova generazione del rap italiano potrebbero trarre grande ispirazione dai versi scritti sui cartoncini che formano l’albero di Natale: “I want documento and good job” spicca per stile accanto a “Le persone si sono svegliate con la nostra filastrocca / Quindi pensa come sarà / Per il quale faccia rima A”.

L’idea dell’albero dei pensieri è nata durante le ore delle lezioni di italiano e fra quelli dei richiedenti asilo si trovano anche i cartoncini firmati dalle insegnanti Silvia ed Elisabetta, che non possono far altro che sintetizzare le speranze più ricorrenti affidate al muro del corridoio: “Auguro a tutti i miei studenti un 2018 ricco di sorrisi, documenti, lavoro e amore”. “Documenti”, “Lavoro”, “Italia”, “Famiglia”, “Dio”, “Molto importante” e “Grazie” sono le parole più gettonate fra i desideri scritti su quell’albero di carta. Accanto ad esse trovano spazio alcune perle che hanno il profumo di rara spensieratezza: fra le altre “Vorrei andare in Giamaica” vince a mani basse.

Mentre la squadra Triciclo continua il lavoro cominciato il giorno prima e il verde sul muro si accosta man mano al giallo spento dagli anni, il corridoio inizia a popolarsi in vista della lezione di italiano della mattina. Oltian, intento a porre il nastro adesivo di carta sui bordi della porzione di muro da verniciare, ci racconta un po’ della sua vita. «Ormai è già quasi un anno che lavoro per Triciclo. Bisogna saper fare un po’ tutto e mi piace che ci siano tante cose diverse da fare».
Oltian è albanese ed è il più giovane della squadra.

Mentre parliamo, una nuova canzone suona dal telefono di uno dei ragazzi che aspettano l’inizio della lezione. Oltian si ferma di colpo e, con l’aria di chi resta tra l’incredulo e il sospettoso, guarda il ragazzo e chiede: «Come fai tu a conoscere questa canzone?».

La canzone in questione è “E kam pas”, hit della popstar albanese Sabina Dana, centouno milioni di visualizzazioni su YouTube. Il ragazzo pakistano, DJ del corridoio, spiega che prima di arrivare in Italia aveva un amico albanese che la ascoltava spesso. Poco più tardi il giovane pakistano sarà protagonista di una sfida a calcio balilla Asia VS Africa con una sola regola scritta in tre lingue: “Non usare l’olio della cucina!”.

Ormai è mattina inoltrata e il corridoio è sempre più popolato. Yahya imperterrito continua a lavorare. È originario della Mauritania e ci racconta la sua vita, un’odissea di spostamenti. Ascoltando la sua storia pare di ascoltare la vita di uno dei tanti richiedenti asilo che lo circondano in questa mattina di dicembre. Lui invece fa parte della squadra di Triciclo, il suo punto di arrivo dopo anni passati a rincorrere speranze e documenti. Ha le cuffie nelle orecchie e un sigaro spento che quando non stringe fra i denti tiene agilmente fra le dita senza che possa limitare i suoi movimenti.

Sul lato opposto del corridoio, con aria pensierosa, lavora Yari, tunisino, un artista. Non lo dice lui ma è l’impressione che dà e che emerge dopo qualche parola scambiata con lui. «Fra tutte le mansioni che dobbiamo fare come squadra Triciclo, dipingere è quella che preferisco». Capita che nella bergamasca l’imbianchino sia chiamato pittore e Yari incarna questa disambiguazione quasi dialettale. «Mi piace portare colore, mi rende felice». Ha lavorato anche come parrucchiere e la sua vena estetica è confermata dalla sua passione: Yari dipinge.

Alessandra, la responsabile del centro di accoglienza di Botta di Sedrina, ci porta a fare un giro in tutta la struttura. Diversi piani e corridoi, alcuni già verdi, altri ancora sbiaditi. «Ci sono circa 150 richiedenti asilo in questa struttura. Per lo più arrivano da Nigeria, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh e Togo».

Grazie alla presenza di Alessandra possiamo dare un’occhiata anche alle stanze. Sono molto piccole ma confortevoli. Tutti ci salutano. Chi sta in cucina insiste per offrirci un caffè. Accettiamo più che volentieri. «Sono tutti molto tranquilli e non succede mai nulla di grave. Solo una volta è capitato che un richiedente asilo perdesse il senno. Un eritreo che stava al telefono con il fratello mentre a migliaia di kilometri di distanza stava per partire per il viaggio della speranza. Proprio mentre stavano parlando al telefono, il fratello è stato ucciso».

Il caminetto continua a fumare e il sole che poche ore prima sembrava quello di un tardo pomeriggio di aprile ora pare quello di una bella giornata d’autunno. Ma il Natale è alle porte. Rifiutiamo per educazione e senza pochi ripensamenti di fermarci per pranzo. Una volta tornati nella struttura per salutare Ramon, Oltian, Yahya e Yari incontriamo un personaggio sorridente e stravagante che sta terminando il suo turno di pulizie prima di raggiungere gli altri per giocare a calcio. È tifoso dell’Inter e gli mancano solo le scarpette giuste.

Quello che hai appena letto è il racconto di una giornata di lavoro svolta in collaborazione con Laboratorio Triciclo – Ritiro, Riuso Riciclo.
Attività e missione di Triciclo: laboratoriotriciclo.it cooperativaruah.it

"Documenti”, “Lavoro”, “Italia”, “Famiglia”, “Dio”, “Molto importante” e “Grazie” sono le parole più gettonate fra i desideri scritti su quell’albero di carta.
«Come fai tu a conoscere questa canzone?»

Il Laboratorio Triciclo della Coperativa Ruah di Bergamo ha compiuto 20 anni di attività. In una serie di reportage cercheremo di trasmettere quello che è il senso del loro lavoro.
Quello che leggerai qui è il racconto di una giornata di lavoro trascorsa a pochi giorni da Natale. 

Era il primo giorno d’inverno. Stava per terminare l’anno 2017 e il sole della mattina splendeva timido come se stesse per finire un giorno di primavera. Dall’immenso edificio, sede un tempo di ritiri spirituali, si domina il ponte di Sedrina che sovrasta il fiume Brembo. In cima alla collina di Botta che guarda verso Bergamo, la foschia e il fumo del camino acceso che esce dal tetto appena sotto la nostra visuale, permettono di immaginare più che di vedere. Alle nostre spalle le finestre dell’edificio con le tapparelle alzate riflettono il sole e ad accoglierci a mo’ di tappeto rosso un viale fatto di pietre. Il sole della mattina scalda i vestiti stesi sulle siepi provate dall’autunno appena trascorso, accompagnano all’ingresso. Sono passate le 9 da pochi minuti e con il timore di essere scambiati per giornalisti, entriamo timidamente nella struttura d’accoglienza dei richiedenti asilo di Botta di Sedrina, in provincia di Bergamo.

Ad aspettarci ci sono Ramon, Yahya e Oltian, fanno parte di una delle squadre di Triciclo che si occupa, fra le altre cose, della manutenzione dei centri di accoglienza della provincia. Pochi minuti dopo arriva anche Yari. Sul muro del corridoio, un albero di Natale formato dai pensieri degli ospiti della struttura ci ricorda che fra pochi giorni sarà Natale. Ramon comincia a staccare con cura, pezzo per pezzo, la parte inferiore dell’albero formato da cartoncini colorati, per riappiccicarli, mantenendone la disposizione, sulla vetrata del corridoio. La missione della giornata è sovrastare con un colore verde tenue ma intenso, il primo metro di muro dell’immenso corridoio e delle aule comuni.

Alcuni esponenti della nuova generazione del rap italiano potrebbero trarre grande ispirazione dai versi scritti sui cartoncini che formano l’albero di Natale: “I want documento and good job” spicca per stile accanto a “Le persone si sono svegliate con la nostra filastrocca / Quindi pensa come sarà / Per il quale faccia rima A”.

L’idea dell’albero dei pensieri è nata durante le ore delle lezioni di italiano e fra quelli dei richiedenti asilo si trovano anche i cartoncini firmati dalle insegnanti Silvia ed Elisabetta, che non possono far altro che sintetizzare le speranze più ricorrenti affidate al muro del corridoio: “Auguro a tutti i miei studenti un 2018 ricco di sorrisi, documenti, lavoro e amore”. “Documenti”, “Lavoro”, “Italia”, “Famiglia”, “Dio”, “Molto importante” e “Grazie” sono le parole più gettonate fra i desideri scritti su quell’albero di carta. Accanto ad esse trovano spazio alcune perle che hanno il profumo di rara spensieratezza: fra le altre “Vorrei andare in Giamaica” vince a mani basse.

“Documenti”, “Lavoro”, “Italia”, “Famiglia”, “Dio”, “Molto importante” e “Grazie” sono le parole più gettonate fra i desideri scritti su quell’albero di carta.

Mentre la squadra Triciclo continua il lavoro cominciato il giorno prima e il verde sul muro si accosta man mano al giallo spento dagli anni, il corridoio inizia a popolarsi in vista della lezione di italiano della mattina. Oltian, intento a porre il nastro adesivo di carta sui bordi della porzione di muro da verniciare, ci racconta un po’ della sua vita. «Ormai è già quasi un anno che lavoro per Triciclo. Bisogna saper fare un po’ tutto e mi piace che ci siano tante cose diverse da fare».
Oltian è albanese ed è il più giovane della squadra.

Mentre parliamo, una nuova canzone suona dal telefono di uno dei ragazzi che aspettano l’inizio della lezione. Oltian si ferma di colpo e, con l’aria di chi resta tra l’incredulo e il sospettoso, guarda il ragazzo e chiede: «Come fai tu a conoscere questa canzone?».

La canzone in questione è “E kam pas”, hit della popstar albanese Sabina Dana, centouno milioni di visualizzazioni su YouTube. Il ragazzo pakistano, DJ del corridoio, spiega che prima di arrivare in Italia aveva un amico albanese che la ascoltava spesso. Poco più tardi il giovane pakistano sarà protagonista di una sfida a calcio balilla Asia VS Africa con una sola regola scritta in tre lingue: “Non usare l’olio della cucina!”.

Ormai è mattina inoltrata e il corridoio è sempre più popolato. Yahya imperterrito continua a lavorare. È originario della Mauritania e ci racconta la sua vita, un’odissea di spostamenti. Ascoltando la sua storia pare di ascoltare la vita di uno dei tanti richiedenti asilo che lo circondano in questa mattina di dicembre. Lui invece fa parte della squadra di Triciclo, il suo punto di arrivo dopo anni passati a rincorrere speranze e documenti. Ha le cuffie nelle orecchie e un sigaro spento che quando non stringe fra i denti tiene agilmente fra le dita senza che possa limitare i suoi movimenti.

«Come fai tu a conoscere questa canzone?»

Sul lato opposto del corridoio, con aria pensierosa, lavora Yari, tunisino, un artista. Non lo dice lui ma è l’impressione che dà e che emerge dopo qualche parola scambiata con lui. «Fra tutte le mansioni che dobbiamo fare come squadra Triciclo, dipingere è quella che preferisco». Capita che nella bergamasca l’imbianchino sia chiamato pittore e Yari incarna questa disambiguazione quasi dialettale. «Mi piace portare colore, mi rende felice». Ha lavorato anche come parrucchiere e la sua vena estetica è confermata dalla sua passione: Yari dipinge.

Alessandra, la responsabile del centro di accoglienza di Botta di Sedrina, ci porta a fare un giro in tutta la struttura. Diversi piani e corridoi, alcuni già verdi, altri ancora sbiaditi. «Ci sono circa 150 richiedenti asilo in questa struttura. Per lo più arrivano da Nigeria, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh e Togo».

Grazie alla presenza di Alessandra possiamo dare un’occhiata anche alle stanze. Sono molto piccole ma confortevoli. Tutti ci salutano. Chi sta in cucina insiste per offrirci un caffè. Accettiamo più che volentieri. «Sono tutti molto tranquilli e non succede mai nulla di grave. Solo una volta è capitato che un richiedente asilo perdesse il senno. Un eritreo che stava al telefono con il fratello mentre a migliaia di kilometri di distanza stava per partire per il viaggio della speranza. Proprio mentre stavano parlando al telefono, il fratello è stato ucciso».

Il caminetto continua a fumare e il sole che poche ore prima sembrava quello di un tardo pomeriggio di aprile ora pare quello di una bella giornata d’autunno. Ma il Natale è alle porte. Rifiutiamo per educazione e senza pochi ripensamenti di fermarci per pranzo. Una volta tornati nella struttura per salutare Ramon, Oltian, Yahya e Yari incontriamo un personaggio sorridente e stravagante che sta terminando il suo turno di pulizie prima di raggiungere gli altri per giocare a calcio. È tifoso dell’Inter e gli mancano solo le scarpette giuste.

Quello che hai appena letto è il racconto di una giornata di lavoro svolta in collaborazione con Laboratorio Triciclo – Ritiro, Riuso Riciclo.
Attività e missione di Triciclo: laboratoriotriciclo.it cooperativaruah.it